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lunedì 30 giugno 2008

NY wastepaper/1

Prima o poi vi racconterò del terminal n.5 di Fiumicino, la risposta italiana alla supersicurezza dei voli a rischio. Per ora vi dico solo che dopo aver fatto tre controlli di bagaglio e documenti sotto la mira di poliziotti armati ben in vista tutti i passeggeri diretti in America vengono caricati su un autobus che li riporta indietro all'aeroporto quello normale e qui si rimescolano beatamente con tutti gli altri. Insomma davvero una soluzione italiana, un teatrino come sappiamo fare noi.

Ho visto tre film sul volo Delta airlines. La guerra di Charlie Wilson, il doc di Scorsese sul concerto dei Rolling Stones e Lo scafandro e la farfalla. Tutti e tre sotto coperta per via di un'aria troppo condizionata. La storia del deputato che riesce a far finanziare la guerra segreta in Afghanistan contro i sovietici era perfetta oggi che il New Yorker svela il moltiplicarsi delle missioni segrete Usa in Iran. La parte migliore dei Rolling Stones è quella in cui Scorsere prepara il concerto, fino all'arrivo di Bill Clinton che lo presenta. Era l'epoca in cui ancora il Presidente raccoglieva soldi e non i debiti della signora. Il film di Julian Schnabel, newyorkese, è fulminante, la storia del giornalista francese Jean-Dominique Bauby ti lascia senza fiato, al solo pensiero dell'uso del tempo, parole cercate e trovate lettera per lettera con il battito delle ciglia, parole che alla fine scrivono un libro, persone che passano ore ad ascoltare e crescere. "Mi resta solo la memoria e l'immaginazione per fuggire dallo scafandro".

Per tre giorni a Soho poi mi sposto in riva al fiume. Per il resto non ho visto Spagna Germania e non ho capito chi si deve scusare con chi tra Berlusconi e Di Pietro.

giovedì 26 giugno 2008

Complimenti

Sulla vicenda Donadoni-Lippi Federcalcio e cronisti sportivi non potevano fare di meglio per testimoniare la classe e l'eleganza italiana famosa nel mondo.

mercoledì 25 giugno 2008

Il bello è che

L'appello al dialogo del Presidente Napolitano c'è stato prima e non dopo le dichiarazioni di Berlusconi.

Record

Far fischiare un'assemblea di commercianti, non ci era riuscito nessuno.

martedì 24 giugno 2008

lunedì 23 giugno 2008

"Sta fermo!"

dal film "Umberto D." di Vittorio De Sica, Italia 1952

La tessera del signor Umberto

Immagino la prima volta che il signor Umberto riceverà la piccola carta allo sportello della Posta. Lo sguardo compassionevole dell’impiegata che gliela farà scivolare assieme alla ricevuta e alle quattro o cinque banconote della pensione. Dovrà firmare qualcosa forse ma non deve preoccuparsi, tutto sarà anonimo, così hanno assicurato i superiori. Il signor Umberto non sa se deve ringraziare, si guarderà intorno poi prenderà tutto e andrà via in fretta, che il percorso tra la Posta e la casa in certi giorni è il più pericoloso. Ha sentito i telegiornali, li sente sempre perché ha tanto tempo a disposizione e non mancano mai di parlare di quelli come lui, che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Anziani e pensionati soprattutto, si sentono le voci dei giornalisti mentre scorrono immagini di vecchi con la busta per la spesa, qualche volta addirittura parlano proprio quelli come lui, pochi secondi col microfono davanti, “è vero non ce la facciamo più” e poi via, altro servizio sui cuccioli di foca o sulle sfilate di moda, insomma si sa, i tg hanno poco tempo e le cose da dire sono tante. Ma quella della carta l’aveva sentita, la social card, cosi l’aveva chiamata il ministro, quattrocento euro, al mese, all’anno, una volta sola, questo non l’avevano spiegato ma i quattrocento euro, si, l’avevano detto chiaro e tondo. Per quelli che non riescono a comperare il pane e il latte, cosi aveva detto il ministro. I soldi li prendiamo ai petrolieri, aveva aggiunto e il signor Umberto aveva pensato, ben detto, che tanto io non ho la macchina e non ho problemi con la benzina. Avevano anche spiegato che serviva per avere sconti al supermercato o per pagare di meno le bollette della luce e del gas.
Adesso la tessera è tra le sue mani, la gira e rigira e pensa a come usarla, dove andare a spendere quella fortuna inaspettata. Quanta spesa avrebbe fatto, quante volte, bisognava organizzarsi, non poteva dilapidare. E allora prova a fare i conti, si ingarbuglia un poco poi decide che la cosa migliore è questa, avrebbe fatto la solita spesa, al solito supermercato sotto casa, nulla di più, nulla di diverso, solo con la carta nel portafoglio. Così si prepara, mette il guinzaglio al cane e si avvia verso il negozio. “Buongiorno signor Umberto” sorride il capo dei commessi che sistema i carrelli all’ingresso “il cane lo lasciamo fuori” “Si come sempre, stai buono qui, Flaik”. Spesa solita aveva detto e quindi non ci mette molto, compatibilmente con la velocità che si può permettere, semmai una scatoletta in più oggi, per il cane che l’aspetta fuori, pochi minuti e si ritrova davanti alla cassa. “Buongiorno signor Umberto” lo saluta la cassiera mentre passa la sua spesa al lettore ottico “sono 18 euro e 25, mi dà la tessera?”
Non so che tessera tirerà fuori il signor Umberto, spero quella del supermercato e perdonate anche la sfrontatezza del richiamo al protagonista del film di De Sica, so solo che più di cinquant’anni fa con Umberto D. questo paese raccontava la tenerezza, il pudore, la dignità, lo strazio di ritrovarsi in povertà e immaginava una società in cui fosse un diritto per tutti il lavoro, la scuola, l’assistenza. Oggi una tessera per i poveri viene sbandierata come una trovata geniale, una storia da raccontare in televisione come la politica economica del ventunesimo secolo, quella in grado di togliere ai cattivi che si sono arricchiti un po’ troppo per distribuire qualcosa ai più poveri, a patto che alzino la mano e si facciano riconoscere. Torna in mente la scena in cui Umberto D. dopo mille ferite dell’anima prova a tendere la mano per chiedere l’elemosina ma non ce la fa, è più forte di lui e quando un passante si avvicina la gira improvvisamente sul dorso come a dire, chissà, forse sta per piovere. Ma quello era neorealismo, oggi va molto Robin Hood.(pubblicato su DNews)

domenica 22 giugno 2008

Silenzio ombra

Con tanto di governo e di ministri ombra la prima cosa chiara sulla manovra l'ha detta Epifani.

sabato 21 giugno 2008

Numeri

All'assemblea costituente del PD erano in 570, ne mancavano 2200 ma hanno eletto la Direzione lo stesso. Un altro passo verso il Partito leggero.

venerdì 20 giugno 2008

La linea in diretta

"Occorre rimettere la nave sul giusto binario". Dall'intervento di un eletto all'assemblea costituente del PD. Ecco appunto.

Applausi e coccodrilli

Veltroni chiede a Prodi di restare presidente del PD e l'assemblea, piano piano, si alza in piedi e batte le mani.

Vacanze

PD all'attacco, in autunno.

Ultima

Anche Repubblica, dopo un po' di mondo, scopre Yoani.

Seconda

Dopo la Fondazione Daje arriva l'associazione Red, quella di D'Alema.

mercoledì 18 giugno 2008

Cartolina ai rondoni

Per il giorno di San Marco c'era l'immancabile arrivo dei rondoni. Mio nonno ai primi di aprile mi faceva scrivere una cartolina postale Al Capo dei Rondoni Neri/Alessandria d'Egitto/Africa: L'inverno è passato e non c'è più neve. La stagione e buona e come sempre abbiamo per voi il tetto e la soffitta. Vi aspettiamo Mario e nonno Toni.
Andavo di volata ad imbucare la cartolina, non nella buca delle lettere della piazza, ma in quella delle Regie Poste. E la nostra cartolina davvero arrivava laggiù, lontano lontano, perchè dopo una quindicina di giorni ritornava la risposta, una cartolina con immagini e francobilli strani, ma non guardavo da che parte arrivasse: A nonno Toni e Mario/via Ortigara/Italia: Cari amici, da noi l'inverno è stato buono ma ora da noi fa molto caldo. Arriveremo alla solita data. Arrivederci. Il Capo dei Rondoni Neri. (pag.34 di "Stagioni" l'ultimo libro di Mario Rigoni Stern)

martedì 17 giugno 2008

Parole italiane

A proposito di tutti i federalismi un intervento di Mario Rigoni Stern.

Tutti in piedi

E' morto Mario Rigoni Stern, il sergente nella neve.

Tolleranza Sikh

Da un'agenzia di mezz'ora fa: INDIA: SIKH ASSALTANO E DISTRUGGONO REDAZIONE MTV A MUMBAY ...Ma non erano i sikh quelli tranquilli?

lunedì 16 giugno 2008

L'Italia di Oscar

Mentre aspetto di vedere che fine farà l’Italia agli europei, che fine farà l’Europa dopo il No irlandese e che fine faranno petrolieri, banchieri e assicuratori dopo l’annuncio della Robin Hood tax, la tassa bellissima che il ministro Tremonti tiene chiusa nella sua borsa pronto a svelarla al prossimo consiglio dei Ministri, scopro che la mia vecchia 500 rischia di perdere il motore per strada perché il fascione che lo sostiene (fascione lo chiamano proprio così, i tecnici) sta andando in pezzi. Ora non ve la faccio lunga sul perchè mi ostino a viaggiare su un’automobile scomoda e fragile come Lei, chiamatelo passatismo, snobismo o solo attaccamento alle cose ma insomma cosi è, con tutti i rischi e le contromisure che comporta, meccanici e carrozzieri sparsi sul territorio, ma anche le soddisfazioni e gli incontri che qualche volta procura. Dirvi dei bigliettini sotto i tergicristalli che cominciano con un “Scusi lo so che mi dirà di no, ma se per caso avesse (mi scusi ancora) l’intenzione di venderla, questo è il mio numero…” fa parte delle soddisfazioni, il tema serio è quello degli incontri, invece. Perché una vecchia automobile non ha bisogno di schede elettroniche ma di manutenzione, non prevede assistenza globale ma competenze antiche, non vuole prenotazioni computerizzate dei ricambi ma manualità sempre più rare, incontri appunto, con persone preziose. Come quello con Oscar, andato più o meno così. Succede che uscendo dal garage io senta il rumore premonitore del fascione agonizzante, mi trovi lontano dai miei ancoraggi soliti, decida di fermarmi all’officina appena sotto casa. A dirvi la verità prima o poi l’avrei fatto comunque, perché lì, davanti all’ingresso, tutti i giorni sosta in bella vista l’auto personale del titolare, Oscar appunto, una Fiat 600, praticamente coetanea della mia e già questo era buon segno. Il punto è che temevo le risposte standard, tipo “non è roba mia ma di un carrozziere”, poi “qui si deve cambiare il fascione, bisogna ordinarlo, ci vorranno giorni”, per finire con quella inappellabile “ora comunque non ho tempo”. E invece è successo questo, che Oscar ha preso in cura la macchina, ha detto “ci penso io” e ha smontato il fascione come un carrozziere, ha saldato lì dove serviva, ha applicato bulloni di supporto, ha raddrizzato col martello come un fabbro gli spessori del paraurti, ha rimontato il tutto, poi come un meccanico ha regolato la distanza del motore e del cambio e sistemato il filo del motorino di avviamento. Tre mestieri in un’ora secca, l’opera di un artigiano solo e la vecchia 500 era pronta a dire grazie. Mentre lo vedevo lavorare pensavo al centro assistenza di una miniauto che avevo incrociato per altri motivi mesi prima. Bigliettino da prendere, aspettare che ti chiamino, ti preparino una scheda, ti dicano vuole un preventivo, il solo preventivo costa x e lo torni a prendere domani, e se c’è un ammaccatura dobbiamo sostituire il pezzo, riparare non se ne parla. Mentre Oscar si avviava a concludere non potevo fare a meno di pensare che stavamo perdendo qualcosa, la modernità che ci impone di comperare, di buttare e di sostituire sta perdendo non solo mestieri ma anche uomini e relazioni. A questo punto si è avvicinata una signora che doveva ritirare un ciclomotore, guarda Oscar al lavoro e aspetta, io azzardo, quasi a scusarci perché si era tutti attorno al vecchio trabiccolo, “signora questa è una scena da Italia degli anni sessanta” lei sorride, è americana credo ma è qui da tanto e con il suo accento replica “no, questa è una scena di quando l’Italia funzionava”. Una sintesi così amara, nemmeno un editoriale del New York Times.
La fine che farà un’Italia così mi sta a cuore, non so se è di destra o di sinistra, è l’Italia di Oscar, da Oscar verrebbe da dire, se non fosse troppo filoamericano.(pubblicato su DNews)

sabato 14 giugno 2008

Soldati in città

Considerato che i Comuni in Italia sono 8101 e loro 2500 o è una trovata (e di pessimo gusto) o siamo un paese normalmente sicuro ma guai a dirlo. O tutte e due le cose assieme.

venerdì 13 giugno 2008

giovedì 12 giugno 2008

Pudore

Se c'erano due parole che un ministro non doveva pronunciare dopo i sei morti del depuratore di Mineo erano "piano straordinario".

mercoledì 11 giugno 2008

Autoradio

Morgan (che già è una bizzaria dello show business italiano) è anche uno dei pochi capace di rovinare una trasmissione di Fiorello.

Mosaico

Pezzo dopo pezzo il mobilificio è stato circondato.

martedì 10 giugno 2008

Meno male

La clinica degli orrori era privata, stava a Milano ed era dedicata ad una Santa.

lunedì 9 giugno 2008

Lettere, diari, archivi

Capita che le lettere siano chiare da sole e non serva rispondere, ma rileggerle ancora sì. Così riprendo quella che la signora Ilaria ha inviato qualche giorno fa a Corrado Augias pubblicata senza commento su Repubblica assieme ad altre, sull’Ici, sui suv, sulla Turchia. Scrive Ilaria “Sabato scorso, anche se il cielo è coperto decidiamo comunque di andare a Idromania, un parco acquatico alle porte di Roma. Io, i miei due figli e i loro due amici. Alla biglietteria non c’è fila. Mi accingo a comprare i biglietti, avanti a noi c’è una famiglia composta da padre, madre e una bambina di circa un anno. Assistiamo a una breve discussione: alla coppia con la bambina viene negato l’accesso. La coppia insiste chiedendo di voler acquistare, come noi, regolarmente i biglietti ma a questo punto interviene la vigilanza che invita la famigliola ad allontanarsi definitivamente. Il padre prova ad insistere ancora ma la moglie rassegnata convince il marito a rinunciare e si allontanano. Io e i bambini assistiamo a questa scena e allora chiedo alla vigilanza perché era stato impedito l’ingresso a quella famigliola. Mi rispondono: “Signora, lei vorrebbe che suo figlio facesse il bagno in piscina con uno zingaro?”. La famiglia oramai è in auto e si allontana, resto da sola a cercare le parole per spiegare ai miei figli perché noi possiamo entrare e loro no”.
Capita che nella mia libreria confusionaria riesca a ritrovare “La spartenza” il diario di Tommaso Bordonaro, un siciliano emigrato in America che così racconta il suo arrivo a New York “…una veduta di palazi che facevano impressione a guardarli, macchine, villi che pareva veramente il paradiso che noi non abiamo ancora visto…” ma tre mesi dopo “…quando dicevo che avevo cinque bambini nessuno mi ha voluto affittare neanche un garage dove chiudevano il carro”.
Mi è capitato per lavoro di visitare l’archivio del centro studi dei Padri Scalabriniani, missionari che da più di cent’anni si occupano di migrazione, ieri delle partenze degli italiani, oggi degli arrivi degli stranieri. Mi ricordo ancora l’effetto di avere tra le mani la relazione dattiloscritta di Don Pietro Maldotti, missionario inviato al porto di Genova. Scriveva a proposito dei rimpatri, oggi diremmo delle espulsioni degli italiani, scriveva in una lettera ai superiori, facendo il bilancio dell’anno 1922 “…furono quasi 2000 gli infortunati della nostra emigrazione, rimandati in patria dalla terra straniera, in condizione di salute deplorevole e nella più squallida miseria, da noi raccolti in 54 piroscafi in arrivo dall’America. Furono ben 1705 gli indigenti da noi soccorsi con 316 bambini, di cui 107 orfani di padre e di madre.”
Lettere, diari, archivi. Di oggi, di ieri e dell’altro ieri. E il problema è sempre lo stesso, come sistemiamo la memoria, come organizziamo il passato per usarlo quando serve, quando il frastuono del presente invade il nostro tempo di emergenze, di paure che si trasformano in veleno, giorno dopo giorno. Apre una bella mostra a Genova al Museo del Mare sui viaggi degli italiani fino a Ellis Island, a metà luglio a San Rossore in Toscana ci sarà una due giorni organizzata dalla Regione che come titolo ha “C’è una sola razza. Quella umana”. Chissà forse ci si possono fare due salti, per ricordarci chi eravamo e provare a capire quello che vorremmo diventare. C’è un mio amico, una specie di Don Chisciotte della tecnologia, che adesso si è messo in testa di vendere libri elettronici. Me ne ha fatto vedere uno, in effetti sembra proprio un libro, solo che dentro ci puoi mettere tutto il tuo archivio di ricordi, ragionamenti, diari, lettere, libri ovviamente e puoi portartelo appresso sempre e dovunque. Anche a Idromania, signora Ilaria, così forse troviamo le parole per spiegare le cose ai bambini.(da DNews)

giovedì 5 giugno 2008

Il cibo della Fao

Chiusi per tre giorni a sentire tutti i paesi del mondo che dicono bisogna fare qualcosa per la fame, salutano e se ne vanno a cena fuori.

lunedì 2 giugno 2008