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domenica 28 novembre 2010

Aspettando Wikileaks

Siamo in tante, formichine sparse in tutte le redazioni italiane, a cercare in questi minuti almeno qualche briciola di quello che è stato definito l'11 settembre della diplomazia mondiale. Le agenzie si tuffano sui "party selvaggi di Berlusconi", i siti on line titolano in rosso e stiamo tutti solo copiando il titoletto scritto in piccolo, sotto la sua fotografia in piccolo, l'ultimo sulla destra, nella copertina del Der Spiegel, o meglio della copia del settimanale già in vendita a Basilea. Altro per ora non riusciamo a sapere. Ora quello che non vogliamo vedere invece è che mentre noi media italiani siamo qui per terra sotto il tavolo di Wikileaks ad aspettare le briciole, cinque giornali stanno comodamente seduti a tavola a frugare tra le leccornie (ammesso che tali siano): Il Guardian, il New York Times, Le Monde, El Pais e il Der Spiegel appunto. Come dire Washington, Londra, Parigi, Madrid e Berlino. E Roma non c'è, non c'è un giornale, un tg italiano. In fondo in questo la scelta di Wikileaks è stata chiara. Siamo un paese minore, inutile nasconderlo, nonostante gli strilli sul complotto, al massimo siamo quelli in basso a destra, nella copertina dello Spiegel. E scusate adesso torno alle agenzie, hai visto mai uscisse qualcosa sull'Italia.

martedì 16 novembre 2010

Gli elenchi di Fazio


Si può dire tutto del programma Vieni via con me tranne che non sia stato un esercizio di stile riuscito. Non era facile costruire una trasmissione sull'idea degli elenchi, antica come i nostri ricordi di liceo, iperfrequentata da geni assoluti come Gaber Gaber, utilizzata da onesti scrittori come Hornby, abusata fino alle filastrocche su facebook. La grandezza di Fabio Fazio e dei suoi autori è stata quella di usarla per svelare con illuminante sobrietà non solo lo stato delle cose italiane ma anche forza e debolezza degli italiani che quegli elenchi recitavano. Così, ad esempio, la ragazza ventenne, albanese e italiana insieme, fulmina in un colpo, con la forza del tempo che passa, le nostre urlate polemiche sull'immigrazione sempre tarate su un eterno presente. Gli elenchi di Fini e Bersani hanno illuminato invece quanta strada c'è da fare ancora. Poi c'è il fuori elenco Saviano. La sua capacita di racconto è magnetica, puoi amarlo o odiarlo ma difficilmente riesci a staccarti dai suoi occhi, dalle sue mani, dalle sue parole. Anche lo spaesamento di un comico di razza come Paolo Rossi, per molti il punto debole della puntata di ieri, non fa che confermare la novità di tutto quello che c'era stato prima e che ci sarebbe stato dopo di lui. Fino al lusso di Toni Servillo, volto icona, sintesi del meglio che il racconto italiano oggi può offrire di sè al mondo, che entra in scena solo per sussurrare vieni via con me. Andiamo allora che forse, almeno in tv, una strada si intravede.