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mercoledì 4 novembre 2009

Diana, Stefano e gli altri


Se uno si toglie la vita in carcere qualcosa non funziona, se uno entra vivo e muore misteriosamente tra carcere e ospedale qualcosa non funziona, se un capo delle guardie carcerarie dice “non si massacra qui, ma di sotto” allora probabilmente è così che invece funziona. Le storie di Diana, Stefano e della voce registrata che arriva dal penitenziario di Teramo sono tutte diverse e tutte da chiarire ma certo assieme a tutte le altre che passano direttamente dai trafiletti alle statistiche accendono, almeno per un poco, la luce su uno dei veri problemi della giustizia italiana. Il carcere, dove è possibile ancora che una ragazza, terrorista ma viva, si ammazzi impiccandosi con le lenzuola, anche se da mesi i suoi avvocati avevano avvisato in tutte le lingue del rischio di un suicidio. Il carcere, dove un ragazzo, drogato ma vivo, ci entra per qualche ora poi lo portano in un ospedale, di lui si perdono le tracce e la famiglia se lo ritrova cadavere, con quelle foto del medico legale che dicono che non è morto d’influenza. Il carcere dove solo per caso, perché qualcuno ha registrato le sue parole, si sente un capo dei secondini che dà istruzioni su dove picchiare i detenuti, per evitare che un altro detenuto, “negro” aggiunge la sua voce, possa vedere. Il ministro Alfano apre inchieste e va bene, se anche di questo parlasse la sua riforma della giustizia, andrebbe meglio. (pubblicato su DNews)