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mercoledì 21 aprile 2010

Di nuvole, vulcani e giardini

Avremo già abbondantemente discusso al bar sugli effetti della nuvola vulcanica che dalla lontana Islanda ha paralizzato il mondo contemporaneo. Chi avrà detto della fragilità del nostro sistema di trasporti, chi si sarà spinto a riflettere sulla precarietà del nostro modo di vivere perennemente in bilico tra la velocità e la paralisi, chi avrà semplicemente cercato di tornare a casa nella maniera più tranquilla possibile. A me per esempio è capitato di avviarmi da Cracovia in Polonia dove ero a raccontare i funerali del presidente Kacinzky. Ho usato finora automobile fino a Vienna, treno fin qui - e vi scrivo adesso dall’aeroporto di Klagenfurt in Austria – ora forse aereo in direzione dei cieli italiani. E però in questo lento ritorno a casa il pensiero più volte è tornato ad un piccolo giardino polacco che ho visitato e al suo proprietario, un biologo dell’accademia delle scienze di Cracovia ora in pensione che da anni ha deciso di dedicarsi al lento divenire delle piante e dei fiori. Il modo in cui raccontava il passare del tempo visto attraverso i rami del suo abete argentato, ogni anno c’è un giro di rami nuovi, oppure come ti lasciava immaginare davanti ad uno scarno reticolo di arbusti senza foglie l’ombra e i frutti che verranno, pere da cogliere in estate semplicemente allungando una mano dal tavolo all’aperto. Ecco avrei detto questo, nella discussione al bar sulla maledetta nuvola del vulcano. (pubblicato su DNews)