
mercoledì 29 luglio 2009
John e Jett

domenica 26 luglio 2009
Guerra e magliette di lana

Ancora titoli cubitali sui soldati italiani nel mirino in Afghanistan. Anche quando -per fortuna- ci sono solo feriti lievi. Che caratteri di stampa dovrebbero usare inglesi e americani?
mercoledì 22 luglio 2009
Oppio, soldati e democrazia

mercoledì 15 luglio 2009
Seconda vita

sabato 11 luglio 2009
Truman show, titoli di coda (lunghi)

Ora ci sono le visite guidate. Puoi entrare nella camera da letto di Obama, sederti nella poltrona che ha occupato Sarkozy, salire sul podio dove ha parlato Berlusconi. I grandi studi della mega produzione, vuoti ma non ancora smontati, sono aperti al pubblico. Non si butta niente del Truman show. Tremila giornalisti sono stati per tre giorni a guardare e scrivere in un villaggio ben illuminato in cui sembrava ci fossero i grandi della terra. Li vedevi passare ogni minuto sui grandi schermi, a piedi camminare, sfrecciare sulle automobiline, sorridere alle foto, ma praticamente nessuno li ha potuti fisicamente anche solo a scorgere da lontano, se non negli appuntamenti rigidamente fissati dal protocollo dei rapporti con i media. E' sempre stato cosi risponderanno i veterani dei vertici. Sì ma una novità c'era e stava appunto nel fatto che sembrava che i grandi fossero sempre li, in mezzo a noi. Eravamo invece spettatori e comparse di un grande show ripreso da decine di telecamere, una regia imponente che trasformava tutto in un una grande finta vicinanza. Anche le uscite all'esterno, lungo il percorso delle macerie, in realtà erano rigidamente programmate e non dai cordoni della polizia ma dalla disposizione dei dolly e delle camere fisse. Così piazza Duomo e il palazzo crollato della Prefettura erano il set esterno dell'emozione, in dettaglio e panoramiche, carrellate e primi piani. Totalmente inutili le troupe portate dai telegiornali, non potevano muoversi, dovevano restare nel villaggio, le immagini le prendevi a piene mani dal grande film che in diretta ti scorreva sui monitor. Patinate, bellissime, gratuite. Non solo. L'accoglienza per i giornalisti era totale, seduttiva, rilassante. Due bar sempre disponibili, ombrelloni e poltrone in vimini, prato verde (che lentamente ingialliva però, perchè c'è sempre un buco nella rete) ristorante iperfornito, tutto il necessario per rendere naturale la scelta di stare lì dentro, dalla mattina alla sera tardi, quando i tremila risalivano sui pulmini che li avrebbero portati a sparpagliarsi negli alberghi distanti chilometri da L'Aquila. Già, L'Aquila, proprio la città ragione dello spostamento del vertice quasi nessuno dei tremila l'ha vista dal vero. Perchè faticare per andar fuori, sul monitor passavano le scene in sedicinoni, le lagrime e le emozioni di star e macerie, le strette di mano ai poveri (e benedetti) vigili del fuoco schierati per tre giorni a favore di camera. Insomma l'ho fatta lunga ma la sensazione di una nuova inquetante efficienza nella gestione dei rapporti con i media resta. Anche quando dopo due giorni praticamente senza confronti con la stampa, la telecamera inquadra, nella conferenza finale, la fila dei giornalisti che si rinserrano dietro al microfono aspettando, se ci sarà, il loro turno. E' vero, non ci sono state grandi domande, forse il Truman show aveva prodotto il suo primo effetto.
venerdì 10 luglio 2009
L'applauso

Era andato tutto bene. I giornalisti chiusi nel villaggio a guardare i grandi dai televisori, Berlusconi sobrio padrone di casa, regia ferrea che trasforma piazza Duomo in un set con tanto di dolly dove, una dopo l'altra le star piu o meno consapevoli, Obama, Clooney e stamattina Carlà, riempiono la scena. Peccato per quell'applauso sfuggito alla fine della conferenza stampa quando Berlusconi ha tagliato corto con Repubblica. Non hanno saputo resistere. Ma si sa, le fiction si perdono nei dettagli di edizione.
mercoledì 8 luglio 2009
L'azzardo

Un vecchio detto del mestiere dice “le fatiche del cronista non fanno notizia”. In altre parole non interessa come sei arrivato sul posto, se hai dovuto scarpinare o fare cento telefonate, se hai viaggiato la notte o cambiato dieci voli, la notizia non sei tu, raccontaci quello che vedi. Succede però che qualche volta il posto dove vai, il modo in ci arrivi si mescolano alla notizia stessa, a volte sono la storia stessa da raccontare. È il caso di oggi, dei potenti della terra che si vedono all’Aquila. Lasciamo perdere di cosa discuteranno, le regole della nuova finanza non si stabiliranno certo a Coppito, anche sul clima e lotta alla povertà i passi avanti saranno forse solo centimetri, la storia sta invece nell’idea di vederli riuniti, forse per la prima e ultima volta praticamente affacciati, sulla realtà. Certo in questi tre giorni può accadere di tutto, dal prevedibile caos organizzativo, alle domande scomode e agli imbarazzi ma se invece non accadesse nulla, se il vertice fosse il solito onesto fallimento l’azzardo visionario di aver portato i grandi della terra a discutere in una caserma accanto ad una storica città italiana distrutta dal terremoto segna comunque un punto a favore di chi ha deciso l’impresa. Se poi ci scappa anche l’inquadratura di un’emozione del presidente americano davanti alle macerie da esibire in mondovisione, allora il successo sarà assicurato. Per i problemi ci sarà occasione. (pubblicato su DNews)
mercoledì 1 luglio 2009
Vecchio copione nuovo finale (si spera)

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