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giovedì 13 settembre 2007

I primi giorni di scuola

Già il fatto che ci si torni, qui oggi, lì domani, laggiù addirittura la prossima settimana da l’idea. Aggiungeteci il corredo ripetitivo dello zainetto che costa sempre di più, i libri che pesano, le discussioni su ragazzi ignoranti e prof assenteisti, spruzzateci il ricordo dei video bulli su you tube, la cronaca più recente degli auricolari per superare i test di medicina, frullate il tutto ed ecco a voi, benvenuti in classe, si comincia, campanella, via alla stagione autunno inverno prossimo venturo. Parlare della scuola ad ogni inizio è come trovare le parole per dare i brividi raccontando l’esodo di ferragosto, però è giusto farlo. I primi giorni sono gli unici momenti in cui un po’ di riflettori sono accesi, ci si interroga sullo stato dell’arte, su aule, doppi turni e crediti formativi, sul perché quasi tutti sono scontenti di come si insegna e si impara in questo paese. Lasciamo stare questa volta la politica che pure ci ha dato dentro nel fare e disfare norme, riforme e controriforme. Concentriamoci invece sui tre protagonisti della commedia in cartellone: insegnanti, studenti e non ultimi, i genitori. Già perché da qualche anno ormai, questa terza categoria occupa la scena con sempre più audacia e qualche sicumera di troppo. Non sono solo i trucidi papà che prendono per il bavero il prof che ha avuto il torto di non considerare un genio il figlio in matematica, quanto piuttosto quegli italiani che danno per scontato che il lavoro si tramanda e si compra e che quindi scucire sottobanco 15mila euro per aiutare il rampollo ad iscriversi a medicina sia solo il normale prezzo da pagare per confermare quello che tutti danno per scontato, e cioè che il figlio di un medico, medico sarà e quello di un avvocato, cosa volete che faccia, è già pronta la toga; che insomma il tragitto in mezzo per il giovane predestinato sia soltanto una formalità, da passare tra videofonini e noia, con insegnanti malpagati, depressi e rassegnati. Ecco, un quadro come questo, che anno dopo anno aggiunge dettagli sempre più vividi e fantasiosi delle scorciatoie da seguire, preoccupa e fa rabbia un poco. Soprattutto perché la scuola non è tutta così e la parte migliore, la gran parte pensiamo, non sa raccontarlo. Prendete quegli insegnanti che ancora riescono a fare una domanda semplice ai ragazzi: che cosa ti piace gli chiedono e da lì cominciano il duro lavoro di accendere e coltivare una passione, per qualunque cosa, spiegando però che qualunque passione costa fatica ma ripaga sempre. Silenziosa, c’è anche questa scuola. Chissà se alla fine vince. Perché cominciato l’anno, sulle aule, tranne quelle che si incendiano o si allagano per questa o quella bravata, scende l’oblio e se ne riparla a giugno, sotto esami.