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venerdì 6 luglio 2007

Leggere tra gli alberi

Forse preparavano la maturità le tre ragazze che ho incrociato in questi giorni sospesi tra partenze e ultime cose da sbrigare, in una Roma che sotto una luna stupefacente diventa teatro, arena, concerti o, almeno, cena sui balconi a rinfrescarsi. Le ho viste silenziose, chine su libri e quaderni, ripetere a mente o cercare con gli occhi su una pagina l’idea giusta per fare bella figura con i professori o anche solo per passare alla svelta il colloquio e filare via in vacanza. E ho pensato che l’idea giusta comunque l’avevano trovata perché erano lì, a studiare in un giardino di piccoli alberi di aranci, piantati in un cortile e circondati da libri e silenzio. Ci puoi capitare per caso o perché leggi i depliant dell’estate romana ma quando entri comunque ti si ferma un po’ il respiro, il passo rallenta e capisci che i minuti che rimarrai, saranno pochi saranno tanti, ti faranno stare bene. Non importa sapere a quale secolo appartiene il chiostro dell’ex convento ora trasformato in biblioteca, quello che ti serve è scegliere una delle sobrie poltrone in legno e tela e accomodarti. Puoi aver preso dallo scaffale un libro, scrittori del mondo che lo raccontano per te, oppure solo goderti il tempo che scorre mentre ti guardi attorno. E se decidi che vuoi vederla tutta, la biblioteca, ti bastano pochi passi lungo i corridoi e lì incrocerai lo sguardo, formato gigante, di qualcuno di loro, perché ti guardano i ritratti degli scrittori, magari sono passati di là, una di queste sere. Ma nulla ricambia il piacere di avvicinarsi alle finestre che circondano la meraviglia di quei piccoli alberi al centro di tutto, dei libri e dei lettori, perché puoi schiudere le vetrate e entrare. E allora il silenzio da ovattato diventa aperto, le poltrone spartane sedie da giardino e puoi leggere sotto un albero di arancio o studiare, all’ombra, come facevano le tre amiche degli esami. Le ho guardate meglio, ho visto che erano proprio come quelle di oggi, jeans a vita bassa, ciocche colorate. Ho pensato meno male che ci sono posti come questo dove i ragazzi possono stare, se vogliono. Mi sono tornate in mente le polemiche sulle tasse e su province e comuni che spendono tanto e male i nostri soldi. Avrei voluto portarli qui, gli italiani che dicono meno Stato, più mercato, avremmo potuto discutere sommessamente che qualcosa da salvare c’è, della spesa pubblica. Magari un giardino di aranci nel cuore di Roma, e chissà quanti altri ce ne sono in Italia, dove se entri per caso ti rallegri per i ragazzi di oggi e ti riconcili con il tempo che passa. Quando esci scopri che si chiama la Casa delle letterature e sta in piazza dell’orologio. Come una favola.