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lunedì 5 maggio 2008

Tasse, circo e internet


Adesso è un reato “gravissimo”, si rischia l’arresto, si aprono inchieste, ci sono denunce in cento Procure d’Italia. Si affannano tutti a chiudere le stalle dopo che i buoi scorrazzano felici nelle praterie del web e a guardarli viene da sorridere se non ci fosse ancora una volta da rimanere interdetti di fronte allo spettacolo di dilettantismo e ipocrisia che noi italiani siamo riusciti a mettere in piedi sull’eterna storia delle tasse. I fatti sono noti, li riepiloghiamo solo per via del lungo ponte che speriamo abbia tenuto qualcuno lontano dalla cronaca nostrana. Qualche giorno fa, si suppone al termine di ragionamenti compiuti, l’Agenzia delle Entrate, ovvero il massimo organismo responsabile della nostra vita fiscale, che raccoglie le cifre dichiarate, quello che si guadagna e quello che si paga allo Stato, decide, in ottemperanza alla legge, di rendere pubblici gli elenchi di tutti gli italiani contribuenti, divisi per regione e città, in ordine alfabetico con incolonnati, fino al centesimo, i numeri di redditi e tasse di ciascuno, anno 2005. Badate, rendere pubbliche le dichiarazioni non è cosa nuova, da tempo è possibile accedere a questi dati, recandosi nei comuni e facendo opportuna richiesta. Solo che questa volta, in omaggio alle nuove tecnologie, i tecnici all’avanguardia dell’Agenzia delle Entrate decidono che è arrivata l’ora di internet e così, via, quaranta milioni e passa di dichiarazioni finiscono in rete nel giro di un click. A questo punto vanno in scena i molteplici attori dello spettacolo di cui sopra. Si comincia con le migliaia di comparse che si collegano per curiosare, commentare e copiare tanto che nel giro di qualche ora il sito dell’agenzia va in tilt. Poi arrivano gli interpreti principali che si dividono equamente le parti; nel cast si distinguono giornali, alcuni specializzati in una interpretazione da brivido, quella che prevede il commento sdegnato per l’indecente e vendicativa invasione della privacy affiancato da una o più notizie che riguardano questo o quel contribuente, con tanto di cifra in sommario, così, tanto per rendere più effervescente la cronaca. A metà del primo tempo poi, irrompe in scena il Garante della privacy, che dice all’Agenzia, stop con i dati. Peccato che né lui né quelli dell’Agenzia avessero dimestichezza con internet tanto da sapere che una cosa messa in rete anche per un secondo, lì rimane se solo uno la copia e la rilancia. Così è puntualmente successo in questi giorni, tanto che la storia è destinata a restare in cartellone per chissà quanto tempo. Anche perchè si uniscono al cast alcuni caratteristi, associazioni di consumatori specializzate in denuncie purchessia e dovunque e non siamo nemmeno a metà dello spettacolo. Rilancia la Procura di Roma che dice, attenti chiunque farà un uso improprio dei dati rischia conseguenze penali, anche la galera. A questo punto difficile sapere quando e come finirà la proiezione, quello che possiamo intuire è che l’esito disastroso dell’iniziativa, con la logorroica e velenosa polemica nel più classico stile della casa, lascerà sullo sfondo le due o tre notizie che quelle cifre contenevano: un italiano su due, dichiara meno di quindicimila euro all’anno, anche al nord; quasi la metà dei lavoratori autonomi non arriva a 800 euro al mese (come faranno per l’ultima settimana), la metà delle società dichiara a malapena di pareggiare i conti, se non di essere in perdita e i “ricchi” con più di centomila euro sono meno di uno su cento, da cercare col lanternino. Ma questi sono i titoli di coda del film, quelli che in genere spiegano che si tratta di storie (almeno in parte) frutto di fantasia, quelli che qualche volta fanno riflettere, quelli che spesso nessuno resta a leggere, che si accendono le luci e forse si fa in tempo ancora per un salto in pizzeria. (da DNews)