
Adesso la tessera è tra le sue mani, la gira e rigira e pensa a come usarla, dove andare a spendere quella fortuna inaspettata. Quanta spesa avrebbe fatto, quante volte, bisognava organizzarsi, non poteva dilapidare. E allora prova a fare i conti, si ingarbuglia un poco poi decide che la cosa migliore è questa, avrebbe fatto la solita spesa, al solito supermercato sotto casa, nulla di più, nulla di diverso, solo con la carta nel portafoglio. Così si prepara, mette il guinzaglio al cane e si avvia verso il negozio. “Buongiorno signor Umberto” sorride il capo dei commessi che sistema i carrelli all’ingresso “il cane lo lasciamo fuori” “Si come sempre, stai buono qui, Flaik”. Spesa solita aveva detto e quindi non ci mette molto, compatibilmente con la velocità che si può permettere, semmai una scatoletta in più oggi, per il cane che l’aspetta fuori, pochi minuti e si ritrova davanti alla cassa. “Buongiorno signor Umberto” lo saluta la cassiera mentre passa la sua spesa al lettore ottico “sono 18 euro e 25, mi dà la tessera?”
Non so che tessera tirerà fuori il signor Umberto, spero quella del supermercato e perdonate anche la sfrontatezza del richiamo al protagonista del film di De Sica, so solo che più di cinquant’anni fa con Umberto D. questo paese raccontava la tenerezza, il pudore, la dignità, lo strazio di ritrovarsi in povertà e immaginava una società in cui fosse un diritto per tutti il lavoro, la scuola, l’assistenza. Oggi una tessera per i poveri viene sbandierata come una trovata geniale, una storia da raccontare in televisione come la politica economica del ventunesimo secolo, quella in grado di togliere ai cattivi che si sono arricchiti un po’ troppo per distribuire qualcosa ai più poveri, a patto che alzino la mano e si facciano riconoscere. Torna in mente la scena in cui Umberto D. dopo mille ferite dell’anima prova a tendere la mano per chiedere l’elemosina ma non ce la fa, è più forte di lui e quando un passante si avvicina la gira improvvisamente sul dorso come a dire, chissà, forse sta per piovere. Ma quello era neorealismo, oggi va molto Robin Hood.(pubblicato su DNews)