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mercoledì 21 novembre 2007

Altre italiane

Nella piccola hall dell’hotel Acropole archeologi, inviati, ingegneri, camionisti da deserto si fermano a riposare e leggere i giornali. Sono quelli che ognuno porta con sé e regala alla bacheca comune quando arriva a Khartoum, Sudan. Per cui può esserci il Financial Times di ieri, Le Monde di due giorni fa, La Repubblica che ci avevano dato in aereo, insomma, notizie non proprio freschissime ma non importa. Allora uno sfoglia i giornali e pensa all’Italia, citata solo una volta a proposito dello stop al campionato di calcio. Così gli tornano in mente gli italiani che ha incontrato qui in Africa in questi giorni e decide che si, vale la pena dedicare a loro questo biglietto perchè non hanno mai pensato di andare in televisione o su un giornale. Ne scelgo tre, capita che sono tutte e tre donne e scrivo subito il loro nome, Bianca, Gabriella e Francesca.
Bianca ha più di settant’anni e vive qui da quasi cinquanta. Quando la andiamo a trovare nella Casa delle suore comboniane ci accoglie con un sorriso come se ci conoscesse da sempre. Gli chiediamo se è difficile vivere qui e ci racconta che si, facile non è stato, soprattutto nei venti anni della guerra civile che aveva diviso il sud cristiano dal nord mussulmano ma che mai aveva perso la speranza in una convivenza possibile e oggi, nonostante tutto, il sogno si è fatto vicino. Vuole che la mattina dopo andiamo con lei nel loro ospedale. Era una struttura nata per madri cattoliche e straniere, oggi donne mussulmane, anche loro, vengono li a far nascere i loro figli. Ci porta in giro per i reparti, non si stanca mai, la salutiamo mentre spiega in arabo al nostro autista la strada che dobbiamo fare.
Gli occhi chiarissimi di Gabriella sono l’unica cosa che vediamo tra cuffia e mascherina ma anche lei parla e spiega, vuole che capiamo bene quello che stanno facendo ora. È la trecentesima operazione a cuore aperto, in una sala operatoria che forse nemmeno in Italia, e qui siamo nel cuore dell’Africa. Lei è anestesista alle Molinette ed è qui da tre mesi, fa il suo turno per Emergency e poi tornerà indietro. Forse racconterà agli amici di questo ospedale che sembra quello di dr.House solo che attorno c’è il deserto e quelli che hanno bisogno vengono operati, gratis.
Francesca la incontriamo, in mezzo al deserto. Nel senso che il campo tendato che dirige sta proprio sulle dune di fronte alle piramidi di Meroe. Ha ventisette anni, il padre la voleva in banca, lei ha studiato scienze naturali e voleva stare all’aria aperta. Ora ci sta davvero. Si è conquistata il rispetto di tutti quando ha chiesto a quelli che lavorano al campo di portarle tutti i tipi di insetti che capitavano a tiro, per poterli vedere da vicino. Italiane, altre italiane.