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venerdì 16 novembre 2007

Quel film ottimista, volando verso l'Africa

Certe volte fa uno strano effetto il film visto su un aeroplano. In genere uno lo sceglie a caso, qualche volta decide di vedere quello che al cinema rimanda sempre e così capita che si ritrovi davanti a uno straordinario musical americano mentre vola in Africa ed ecco che l'effetto è assicurato. Si sta parlando di “Hairspray”, quello dove John Travolta interpreta irresistibilmente una madre, tenera e sovrappeso, sempre alle prese con i panni da stirare, un marito stralunato ma romantico e una figlia che torna da scuola di corsa per ballare in salotto, davanti alla tv. Ma attenzione niente a che vedere con le aspiranti veline di oggi. Quello di Hairspray non solo è un divertente affresco degli anni sessanta ma è anche un racconto nella migliore tradizione hollywoodiana, che mescola per bene gli ingredienti del sogno americano e ricorda a tutti da dove si era partiti, dall’idea che l’integrazione razziale, per esempio, fosse un valore da conquistare allora e per sempre. La storia ruota attorno a una trasmissione della locale tv che consacra i migliori ballerini della città. Prima era riservata solo ai bianchi poi, in un crescendo di trovate e personaggi, tra risate e lagrime, diventerà il palcoscenico della nascente società di uomini e donne tutti uguali. “Tv is black and white” è la battuta migliore del film, non la dice nessuno, è solo una delle scritte sui cartelli della spontanea manifestazione di protesta davanti agli studi dell’allora televisione in bianco e nero. Insomma un gran bel film e però, quando finisce, uno si guarda intorno, si ricorda che sta andando in uno di quei posti che l’America di Bush inserisce nella lista nera degli Stati di cui diffidare e allora prova un certo disagio. Non per la lista nera ma per quella America che sembra non esserci più. La fabbrica dei sogni che testardamente continua con i suoi uomini migliori a costruire storie positive può insomma provocare un effetto nostalgia sullo spettatore di oggi. La televisione per esempio, lì raccontata come luogo simbolo dell’integrazione, oggi è invasa dalle sequenze di guerre o dagli sproloqui di Bin Laden, rilanciate, le une e gli altri, da un punto all'altro del mondo, in un rincorrersi di paure e incomunicabilità. Così uno scende dall’aereo olandese nel paese africano, mette da parte la favola del film e in conto diffidenza per quello che può incontrare.
Poi capita di ritrovarsi una anziana signora che al tramonto, ai piedi di una montagna considerata sacra fin dalla notte dei tempi arranca verso di te, che sei a metà strada, per offrirti un dolcetto solo perchè tu prima, in cima alla salita, l’avevi salutata. Allora ti torna in mente il film e ti viene da pensare che abbia ragione Hollywood ad essere così testardamente ottimista.