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sabato 3 novembre 2007

Avanti il prossimo, il sessantotto

C’è chi ha giocato d’anticipo e lo ha giubilato come l’anno che ha interrotto lo spensierato viaggio degli italiani verso la modernità, chi, come il direttore de Il Foglio, ha promesso che a partire dal primo gennaio, salterà direttamente dal 67 al 69, senza parlarne, ma questi sono solo diversivi. Il fatto vero è che l’industria degli anniversari è già inesorabilmente in moto, le rotative impegnate febbrilmente a stampare per tempo libri e le televisioni a rovistare nei repertori, tutti pregustando l’assalto alla vittima designata, quel 68 che quarant’anni fa fece parlare di sé come spartiacque di epoche e generazioni e che oggi non aspetta altro che farsi processare, con prevedibili sentenze di condanna che andranno da chi ne riconoscerà i tratti dell’ultimo tragico inganno dei totalitarismi del novecento (il libretto rosso di Mao nelle mani dei nostri ragazzi) a chi lo liquiderà come sgangherata e violenta variante della goliardia che lo aveva preceduto. Forse si salveranno le conquiste delle donne e l’eterna attenuante dell’avere vent’anni ma prepariamoci comunque all’ennesima ondata di discussioni e polemiche che sembra ormai, questo si, il tratto distintivo del paese, a stare a chi dovrebbe raccontarlo. Rivangare il passato, quale che sia l’intento, più o meno nobile, sembra infatti essere strada vecchia ma sicura per pubblicazioni e ribalte, o anche riflettori di un giorno .
Chissà invece se tutto questo macinare, calendario alla mano, quello che è stato, servirà a capire l’enigma dell’Italia di oggi, quella fotografata per esempio da Carlo Mazzacurati ne “La giusta distanza”: il Po ancora maestoso, una pianura padana che accoglie gli altri, siano essi maestre toscane o meccanici tunisini, li guarda innamorarsi ma poi di fronte ad un omicidio sceglie la via breve della condanna per quello venuto da più lontano. Oppure il brivido a vedere Genova silenziosa che continua a scorrere mentre il mondo crolla addosso alla coppia di “Giorni e nuvole” di Silvio Soldini che inchioda gli spettatori, stesso stipendio, stessa bella casa, stesso mutuo, a guardarsi allo specchio e a dire, è così che può succedere. Ecco, se la macchina degli anniversari si fermasse, se cambiassimo direzione, se si provasse, come hanno fatto i due bei film, anche a indagare il presente, forse non troveremmo lo stesso la strada ma almeno non staremmo fermi, a fare saltelli sul posto. Quanto al 68, lasciamolo ai ricordi, fossero anche solo quelli piccoli, sfocati, di una sorella che a Milano si ritrovò ad occupare la Bocconi, di un fratello che a Roma tentò di disoccupare Legge, dietro altre bandiere e di un ragazzino che li aspettava a casa a Natale, in Abruzzo e che ora vi scrive.