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mercoledì 7 novembre 2007

Buoni, cattivi e viceversa

A parte Biagi, che ha fermato tutti, ci sono state un paio di storie che hanno provato ad allontanarci dal frullatore dell’emergenza sicurezza che gira a tutta velocità ormai da giorni. La prima è stata la cattura dei due boss Lo Piccolo, padre e figlio. Le catture sono catture, in genere si riconoscono i buoni e i cattivi, ci sono quelli in uniforme, le sirene, le armi spianate, gli arrestati che si coprono il volto e così di seguito. Quella di Palermo è già quasi da repertorio classico di lotta alla mafia, il filmato della villetta circondata con il marchio “Questura di Palermo” ma soprattutto il trasferimento in carcere dei catturati, che ce li fa guardare in faccia, con il padre che si comporta diversamente dal figlio. Capelli bianchi il primo non cerca nessuno, non si nasconde ma non guarda, l’altro il giovane, vuole invece la telecamera, bacia e saluta chissà chi, forse già un possibile futuro pubblico tv. E attorno la folla che urla, insulti facili o liberatori, dipende dai punti di vista. Tutto regolare, tutto previsto. Meno regolare invece un’altra sequenza di cattura che arriva da lontano. Lahore è una città piena di storia, la capitale culturale del Pakistan. Da giorni ormai protestano contro lo stato d’emergenza dichiarato dal Presidente/Generale Musharraf. Gridano slogan, innalzano cartelli ma quello che colpisce sono giacche, camicie e cravatte che indossano. Vestono all’occidentale gli avvocati pakistani, scendono in piazza contro l’emergenza libertà, brutalmente ridimensionata dalle decisioni del capo dello stato pakistano. Vestono all’occidentale e vengono picchiati brutalmente, presi a calci e caricati a forza sulle camionette da uomini in divisa, ecco un’altra dissonanza, mescolati ad altri in tunica tradizionale, poliziotti e uomini dei servizi, il braccio veramente armato del presidente generale. Così l’Occidente, noi ma gli americani soprattutto, si sono ritrovati in tv, una chiarificatrice immagine di quello che è considerato da Bush l’alleato di ferro contro le minacce di Al Queda in Asia e dintorni. Nodo complicato quello del Pakistan tra democrazia e terrorismo, come pure quello della nostrana lotta alla mafia e alla camorra. La televisione a volte illumina, spesso confonde, vecchia regola resta sempre quella di aggiungere un buon libro per provare a capire. E allora su Pakistan e americani suggeriamo “Il fondamentalista riluttante” di Mohsin Amid, monologo immaginario al tavolo di un caffè di Lahore che va al fondo delle paure e delle diversità tra noi e loro, sulla camorra almeno i primi due dei “Dieci” (cosi è pure il titolo) fulminanti racconti su Napoli di Andrej Longo. Spenta la tv, libri, per provare a capire, ricordando Biagi.