http://Il tuo 5x1000 ad Amnesty International

mercoledì 5 marzo 2008

Quell'Italia che va a gas

Oggi si riuniscono i signori dell’Opec, con il petrolio sopra i cento dollari c’è poco da scherzare. Fior di analisti sbattono la testa per spiegare chi ci guadagna e chi no, perché quando cresce il greggio è automatico, sale il prezzo della benzina ma il contrario non succede quasi mai. E così tornano di moda i servizi dei tg confezionati al distributore più vicino alla redazione, dettagli delle pompe, mani che si passano euro, e soprattutto automobilisti stressati. Brevi commenti sonori “e chi si può permettere il pieno oggi” oppure “io metto sempre venti euro” e via a raccontare una elementare contraddizione del nostro tempo: siamo tutti legati mani e piedi, ruote e frizioni, a quell’arnese che si chiama automobile. Arnese talmente diabolico che costa sempre di più, sia comprarlo che muoverlo, ma nessuno osa metterlo in discussione. Totem contemporaneo che le ha passate tutte, simbolo di stato o di riscatto sociale, rifugio o bunker per proteggersi dalla giungla metropolitana, basta andare a fare il pieno in un distributore per osservare quanto ha trasformato il mondo. Pensate solo ai dettagli, a quelli che si mettono in fila al “servito”, anche se il “fai da te” è vuoto perchè non sia mai che si dica che uno pensa al centesimo, oppure quelli che vanno di fretta e non sopportano gli altri che davanti a loro si fanno controllare ogni giorno le gomme e lustrare i vetri anche se sono puliti. Insomma il distributore di benzina è davvero uno specchio del mondo. Ma fortunatamente non è l’unico.
Provate ad andare una domenica mattina per esempio, perché non bisogna avere fretta, a fare rifornimento in un distributore di metano o gas (la sigla è gpl) e rischiate di imbattervi in un’altra Italia, anche questa piena di contraddizioni, ma con un tasso di tranquillità più evidente. Non è facile dire se si tratti di serenità vera o rassegnazione, di sicuro l’atmosfera è molto diversa. Intanto chi arriva si mette in fila senza problemi perché fare il pieno (e con il gas si fa ancora il pieno) dura diversi minuti e non si può essere insofferenti. La sosta diventa quasi un appuntamento, in genere si scende dalla macchina e spesso ci scappano anche due parole. Si scopre così che gli italiani che vanno a gas ormai sono una comunità multiforme, molto distante dai luoghi comuni che la volevano relegata solo a commessi viaggiatori e maniaci del risparmio. Loro ci sono ancora naturalmente e si riconoscono dall’esperienza che hanno nel predisporre bocchettoni e prepararsi al lunghissimo rifornimento di serbatoi giganti nascosti nei bagagliai di improbabili berline. Ma si mette in fila anche la giovane madre, femminista da ragazza, con la vecchia Panda recuperata per ragioni di ecologia, la segue una 500 del 64, trasformata ed esibita come una piccola rivincita per chi voleva cancellarle tutte, quelle che andavano a benzina rossa. E poi, naturalmente, ci sono tutti quelli che non hanno potuto fare altrimenti, che non potevano permettersi un’automobile nuova, nonostante tutte le rottamazioni del mondo e gli eco-incentivi pubblicizzati ogni dove. È un’Italia in penombra ma per niente dimessa, che guarda gli spot alla tv dei nuovi modelli che sfrecciano tra deserti e cyber-spazi e poi, per fortuna, fa tutto il contrario. Capita che si passino il secchio e lo spazzolone per pulire il parabrezza, che si informino con calma su cosa sia meglio fare per aggiustarle e renderle meno inquinanti, queste quattro ruote, senza buttarle sempre e comunque, come tutti i megafoni invitano a fare.
Lo so che sono cose che non va bene dire, in un paese dove i partiti litigano su tutto ma non sul totem della crescita e dello sviluppo, sempre e comunque. Ma andate una domenica mattina con quelli che vanno a gas. Non sarà una soluzione ma un po’ fa pensare. (da DNews)