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mercoledì 18 novembre 2009

Parole, bambini, secondi.


Con la fame nel mondo si è provato di tutto. I concerti planetari, gli spot commossi delle star del pallone e del cinema, le sottoscrizioni via televisione, le sfilate di capi di stato. Niente da fare, le cose vanno sempre peggio. Oggi si chiude il vertice della Fao, l’ennesimo costretto a dire che gli affamati aumentano anziché diminuire, ad ammettere che i soldi scuciti dai paesi ricchi sono meno di quelli che servirebbero e anche ad aggiungere che non sono spesi al meglio. Tutti tornano a casa, chi sulle auto blu, chi a piedi perché le strade di Roma attorno al palazzo che ha ospitato l’incontro sono sbarrate per via della sicurezza per gli ospiti importanti. Gli stessi che poi vedi sui telegiornali passeggiare, fare shopping, o i più stravaganti dedicarsi a riunioni serali con ragazze convocate a gettone. E tornando a casa viene da chiedersi perche le organizzano ancora, riunioni così, passerelle costose per scambiarsi parole inutili, che potrebbero scriversi o telefonarsi e chiamarci se e quando qualcosa hanno deciso. Alla Fao rispondono con sincerità che anche loro sono delusi, che di più non si riesce a fare, ma che almeno per tre giorni la vergogna di un mondo che avrebbe cibo per tutti e che invece uccide per fame un bambino ogni sei secondi è diventata un minuto di attenzione. Il tempo di leggere questo colonnino qui, mentre dieci piccoli ci salutano in silenzio. (pubblicato su DNews)

mercoledì 4 novembre 2009

Diana, Stefano e gli altri


Se uno si toglie la vita in carcere qualcosa non funziona, se uno entra vivo e muore misteriosamente tra carcere e ospedale qualcosa non funziona, se un capo delle guardie carcerarie dice “non si massacra qui, ma di sotto” allora probabilmente è così che invece funziona. Le storie di Diana, Stefano e della voce registrata che arriva dal penitenziario di Teramo sono tutte diverse e tutte da chiarire ma certo assieme a tutte le altre che passano direttamente dai trafiletti alle statistiche accendono, almeno per un poco, la luce su uno dei veri problemi della giustizia italiana. Il carcere, dove è possibile ancora che una ragazza, terrorista ma viva, si ammazzi impiccandosi con le lenzuola, anche se da mesi i suoi avvocati avevano avvisato in tutte le lingue del rischio di un suicidio. Il carcere, dove un ragazzo, drogato ma vivo, ci entra per qualche ora poi lo portano in un ospedale, di lui si perdono le tracce e la famiglia se lo ritrova cadavere, con quelle foto del medico legale che dicono che non è morto d’influenza. Il carcere dove solo per caso, perché qualcuno ha registrato le sue parole, si sente un capo dei secondini che dà istruzioni su dove picchiare i detenuti, per evitare che un altro detenuto, “negro” aggiunge la sua voce, possa vedere. Il ministro Alfano apre inchieste e va bene, se anche di questo parlasse la sua riforma della giustizia, andrebbe meglio. (pubblicato su DNews)

domenica 1 novembre 2009

Sballottaggio


Afghanistan. Variazioni impreviste all'esportazione della democrazia.