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sabato 28 dicembre 2013

Cortina, New York e il black out di Zaia

Abbiamo scherzato forse anche troppo su Cortina e i lamenti dei ricchi villeggianti per un giorno senza luce. Ma quando il governatore del Veneto Zaia tira fuori in tv, a sostegno dell'idea di una class action contro i responsabili di un "disagio non degno di una società civile", il parallelo con New York che al massimo "ha dovuto subire interruzioni di corrente di poche ore" beh, allora la cosa si fa seria. Lasciamo perdere il calcolo della durata dei black out storici in quella città, basta citare solo l'ultimo, poco più di un anno fa, quando l'uragano Sandy lasciò mezza Manhattan al buio e al freddo per quasi una settimana. Fermiamoci un attimo governatore, a paragonare le reazioni delle due città, anche solo attraverso le dichiarazioni viste in tv. A Cortina ho ascoltato signore in pelliccia e occhiali da sole d'ordinanza raccontare l'inaudito episodio che aveva sconvolto le loro vacanze "i nostri figli venuti per fare un po' di sport e invece che disastro" o commercianti ripetere in coro la litania dell'enorme danno subito. A New York l'anno scorso c'ero e ho visto al quinto giorno senza corrente ragazzi e signore, ricchi e sbandati fare la fila cortesi e sorridenti davanti al generatore della troupe CNN che offriva a turno un po' di ricarica per i cellulari. Cinque minuti a testa e poi avanti un altro, diceva un cartello scritto a pennarello sul generatore. E se facevi domande ti rispondevano che era dura stare al buio ma che i veri disastri erano altrove e soprattutto orgogliosi ti dicevano "noi siamo newyorkesi" e dunque passeremo anche questa.  Quindi governatore Zaia va bene la class action e i risarcimenti danni ma New York per favore lasciamola stare.

domenica 22 dicembre 2013

I quartieri spagnoli e noi

Si discute da tempo sul formato dell'approfondimento in tv, sulle ibridazioni del documentario giornalistico con quello d'autore, sulle ricette cioè per tenere assieme la narrazione della realtà con le seduzioni del racconto più alto, quello che trasfigura il dato di fatto e lascia un segno, emozionale e di riflessione, in chi guarda. Molte le strade intraprese, poche quelle percorse con successo. In Italia si contano sulla punta delle dita, la prima stagione di Riccardo Jacona soprattutto, l'ultima di Domenico Jannaccone per citare due esempi che puntavano molto sulla personalità e sull'empatia provocata dagli autori. In mezzo molti esperimenti, più o meno consapevoli, alla ricerca di quella miscela in grado di raggiungere il bersaglio. Ieri sera (o meglio stamattina sull'ipad) ne ho visto uno che ha centrato l'obiettivo. Si tratta del Tg2 Dossier "Quartieri spagnoli, Italia"  realizzato da Fabio Venditti assieme ai ragazzi dell'associazione "Socialmente Pericolosi" di Napoli. Un viaggio attraverso le ferite dell'Italia che pensiamo di conoscere, anzi diamo ormai per scontate, e che invece riviste attraverso gli occhi, le ingenuità, gli stupori dei nuovi narratori tornano a fare male. L'Aquila dei quattro anni e mezzo dopo quella scossa che provocò piu di trecento morti, Padova con il suo muro anti spacciatori che ha provocato il deserto civile e materiale, l'Emilia che ancora non ha visto un euro pubblico dopo il suo terremoto eppure prova a tirare avanti, Reggio Calabria con le sue opere pubbliche incompiute e in abbandono. Non sono le cose che rivediamo la novità, sono i loro commenti, le loro domande che creano un varco inaspettato. Le fulminanti micro biografie "mi chiamo Mariano De Giovanni, ho 33 anni e tre figli, facevo il parcheggiatore abusivo..." ascoltate dalla loro voce mentre li vediamo camminare tra le macerie della città abruzzese, o intervistare parlamentari fuori Montecitorio provocano la
miscela magica del coinvolgimento. Non ci importa tanto sapere se tutto sia in equilibrio, se i  commenti siano dosati, se il pezzo sia obiettivo. Stiamo dalla loro parte, mentre aspettiamo le nuove strade del giornalismo e del documentario tv. O del suo futuro.